Frammenti

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L’intenzione di queste brevi note vorrebbe essere quello di fornire alcuni tasselli che ritengo, per esperienza personale e non soltanto, fondamentali nella composizione di quel mosaico complesso e dai contorni necessariamente piuttosto indefiniti che va di questi tempi sotto la dizione di ‘Interior Design’.

Nessuna pretesa definitoria perciò e tanto meno empiti sistematici, ma un semplice elenco ragionato, dove non ci sono cose più importanti di altre: tutte convivono senza entrare fra di loro in conflitto. Semmai caso per caso alcune di esse possono avere maggiore interesse di altre. (Non potrebbe essere diversamente: dato che chi vi parla è un progettista convinto, intriso come si deve di cultura e storia del progettare, e da sempre molto impegnato nell’insegnamento e nello scrivere della progettazione).

Frammenti perciò: meglio sempre diffidare delle costruzioni teoriche che inevitabilmente si trasformano in vere e proprie ideologie, con tutta la rigidità e l’imbarazzante oppressività conseguenti. Rimanere invece legati al fare e al come fare le cose e gli spazi, al ricercare, allo sperimentare. Nulla da spartire, sia ben chiaro, con l’empiria volgare, che proprio non interessa e rimane totalmente estranea. L’Interior Design appartiene da sempre al meraviglioso mondo delle arti applicate, ne è uno dei principali protagonisti (non diversamente dall’architettura, ci tengo a dirlo, con buona pace di tutti quelli, e sono tanti, che inorridiscono a fronte di questa affermazione).

Mi si lasci iniziare citando un aforisma di Lucio Colletti, per nulla fuori campo, anzi, alla base di quanto seguirà. Una specie di chiave per potersi poi capire: ‘la metodologia è la scienza dei nullatenenti’. Ero uno studente, l’avevo trovato da poco, quando un giorno, esasperato da una scuola di stampo tardorazionalista e stancamente repressiva lo scrissi alla lavagna. Passò di là per caso Carlo Mollino tutto vestito di lino bianco, era l’inizio dell’estate, lo lesse, si fermò e aggiunse, firmandosi: ‘Bravo!’. Allora Mollino non lo conoscevo ancora bene; poi ne divenni l’ultimo assistente. Come si può facilmente immaginare, per me quel brevissimo commento è stato un riscatto e una rivincita, e anche una svolta definitiva.